Berlusconi-Santoro, alla fine è rissa
Il Cavaliere: lei è il peggio

Berlusconi e Santoro
Berlusconi e Santoro
di Mario Ajello
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Venerdì 11 Gennaio 2013, 09:02 - Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 17:00

Il sangue scorre. Ma alla fine. Sangue vero? Sangue finto? Pi finto che vero. Sono le regole dello spettacolo. Lo sanno sia Berlusconi sia Santoro, animali televisivi da super-show. A un certo punto - dopo tanto buonismo esibito - il conduttore dice: «Ci stiamo annoiando. Serve un po’ di pepe». Il Cavaliere dà l’impressione di non avere captato l’avviso. Temporeggia un altro po’ e poi, quando si sente tranquillo perchè il patto di non farsi del male sembra reggere («Avevamo concordato che non si entrava nel merito dei processi», si lascerà scappare più tardi Santoro), passa all’attacco. Non accontentandosi del pareggio. Vuole la vittoria, che fa comodo a Silvio ma fa share per Michele in questa saga dell’areggeme che t’areggo, come si dice a Roma.

LA SVOLTA

Il colpo di scena è quando Berlusconi ruba la parte a Travaglio e da autentico Zelig il Silvio si trasforma in Marco: «Dottor Travaglio, ho una letterina per lei». Gliel’ha scritta Paolo Bonaiuti, comincia a leggerla e contiene la sequela dettagliatissima - in puro stile giustizialista-travagliesco - dei procedimenti processuali e delle condanne subite dal giornalista. Il quale lo guarda basito e sconvolto per la sorpresina. Che racchiude anche questa stilettata: «Lei, dopo essersi laureato, si fece raccomandare dallo scrittore Arpino per lavorare da un editore. E quell’editore ero io».

I TORI

Travaglio lo vorrebbe azzannare. Santoro diventa una belva. Grida: «Berlusconi, lei sta distruggendo una trasmissione interessante. Si vergogni!». Berlusconi terribilmente ironico: «E lei, Santoro, dovrebbe alzarsi e andarsene». E pensare che avevano promesso, all’inizio, di non volere giocare al toro e al torero (con parti interscambiabili). Dopo la lettura della letterina anti-Travaglio, il conduttore urla: «Lei è un diffamatore!». Berlusconi: «Lei è il peggio del peggio!». La tivvù vuole roba così. E non quella sorta di inciucio iniziale tra il padrone di casa e l’ospite - stava nascendo un Sant-usconi? - che in nome dell’appeasement parevano uniti nella lotta contro Monti il convitato di pietra.

LA SEDIA

Potevano insomma due anziani attori del cattivismo combat trasformarsi in colombe con il rischio - che per quasi tutta la trasmissione era sembrato diventare realtà - di addormentare gli spettatori e di far risultare Santoro un’educanda e Gruber e Giletti, protagonisti di bei duelli con il Cavaliere, una pasionaria e un Che Guevara? Berlusconi, mentre l’avversario urla, si alza e finge di abbandonare il set, ricordando tra l’altro: «Io le donne non le ho mai pagate. E sono sempre stato votato da 13 milioni di italiani. Sono tutti coglioni?». Poi torna indietro. Con il foglio di carta contenente la letterina pulisce platealmente la sedia su cui era adagiato (come a dire: tolgo il disturbo e non lascio tracce. Oppure: pulisco questo cuscino dalla vostra faziosità e mi risiedo) e riprende il suo posto.

LA MANO

A questo punto, Silvio tende la mano a Michele come un amico che vuole fare pace dopo la scaramuccia. Santoro ritrae la propria: «Io la mano non gliela do». Berlusconi, con il sorriso suo: «Ma voi non sapete neanche scherzare». Santoro: «Lei parla proprio a vanvera». Berlusconi: «Ma non è colpa mia». Santoro: «Lei è stato consigliato male, nel fare questa letteraccia». Berlusconi: «Travaglio può leggere le sue letterine e io no? Mica è giusto!». Trasmissione finita. La mano adesso se la danno. Silvio va via e si rivolge alla platea: «Ragazzi, non fatevi infinocchiare da questi qui». Santoro sembra delusissimo ma forse è felicissimo.

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