Parolisi, la difesa ricorre in Cassazione
"La sentenza è da annullare"

Parolisi, la difesa ricorre in Cassazione "La sentenza è da annullare"
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Sabato 3 Ottobre 2015, 20:01 - Ultimo aggiornamento: 20 Ottobre, 11:07
ASCOLI - ​"Annullate quella sentenza". I difensori di Salvatore Parolisi, Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, hanno presentato ricorso in Cassazione per chiedere l'azzeramento delle decisione prese dai giudici della corte d'appello di Perugia che hanno provveduto al ricolcolo della pena da infliggere al caporalmaggiore ritenuto l'unico responsabile dell'uccisione della moglie Melania Rea.

Per i due legali perugini la sentenza è da annullare perchè al loro assistito non sono state concesse le attenuanti generiche. Nelle diciotto pagine che sono state depositate alla cancelleria del tribunale lo scorso 24 settembre e che contengono i motivi del ricorso, i difensori di Parolisi, in punta di diritto, sostengono la "manifesta illogicità e contraddittorietà" delle motivazioni che ha indotto la Corte a non concedere le attenuanti generiche. Biscotti e Gentile, sostengono inoltre che non siano accettabili le ragioni espresse dai giudici di secondo grado che non hanno preso in considerazione nessuno degli elementi evidenziati dalla difesa per la concessione dei benefici di legge - come il comportamento tenuto dal caporalmaggiore nel corso del processo, il fatto che era incensurato, la giovane età e l'attaccamento alla figlia - ritenendo che nessuno di essi "possa condurre alla concessione delle attenuanti".



Una tesi, quella sostenuta dalla Corte d'assise d'appello di Perugia che non può essere accolta perché - sempre secondo quanto sostenuto dagli avvocati di Parolisi - si tratterebbe di un giudizio rivolto essenzialmente sulla condotta morale dell’imputato piuttosto che basato su questioni di diritto. Inoltre, i due penalisti hanno evidenziato quelli che ritengono essere degli elementi di illogicità riscontrando dunque un vizio formale che giustificherebbe pertanto l'intervento della Cassazione. Vizio di forma e non di merito costituito dalla contraddizione emergerebbe tra le motivazioni che hanno indotto i giudici a non concedere le attenuanti e la ricostruzione di quanto accaduto il 18 aprile del 2011 nel Bosco delle Casermette di Ripe di Civitella. Per la Corte l'omicidio di Melania Rea fu un delitto d’impeto, ovvero frutto di un'azione non preventivata né programmata ma scaturita per situazioni contingenti, tanto da cadere l'aggravante della crudeltà.



Tesi questa che a detta di Biscotti e Gentile stride con le motivazioni enunciate a sostegno dellala mancata concessione della riduzione di pena perché Salvatore Parolisi si sarebbe messo lui stesso - con i suoi tradimenti e le sue bugie - nelle condizioni psichiche ed emotive che poi avrebbero dato sfogo all'impulso omicida. Questi, insieme ad altri di carattere formale sono i motivi per i quali i difensori del caporalmaggiore chiedono che venga annullata la sentenza che la corte d'assise d'appello di Perugia ha pronunciato lo scorso 27 maggio infliggendo venti anni di carcere a Salvatore Parolisi.



Oppure, in seconda istanza, che la sentenza venga annullata e si provveda ad un ulteriore rinvio ad altra corte d'appello che provveda nuovamente al ricolcolare la pena.



Promette battaglia la famiglia Rea che tramite il proprio avvocato di fiducia, Mauro Gionni, chiedono che venga fatta giustizia per la tragica morte di Melania. "Ci batteremo - ha dichiarato l'avvocato Gionni - per convincere i giudice della Cassazione a non concedere le attenuanti generiche a Salvatore Parolisi".
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