Dieci persone rinviate a giudizio
nell'ambito dell'operazione Lucifero

Dieci persone rinviate a giudizio nell'ambito dell'operazione Lucifero
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Sabato 20 Settembre 2014, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 09:52
ASCOLI - A distanza di sette anni si conclusa davanti al tribunale di Ascoli la prima fase processuale dell'operazione Lucifero, condotta dai carabinieri di Ascoli, che si concluse con l'arresto di 26 persone accusate, a vario titolo, di spaccio di sostanze stupefacenti.



Elio Rosati ed Elena Soldini, assistiti dall'avvocato Sergio Liberati, accusati di detenzione illegale ai fini di spaccio di eroina, al termine del rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare Rita De Angelis, sono stati condannati rispettivamente a due anni e due mesi e due anni e tre mesi di reclusione.

Per altre dieci persone il giudice ha deciso che vengano rinviate a giudizio con la prima udienza fissata al 10 novembre prossimo. Si tratta di A. Argenio, E. Angelini, A. Orsini, V. Sperante, G. Pastore, D. Sestili, P. Bachetti, A. Martelli e O. Trisciani. Per i rimanenti indagati le loro rispettive posizioni sono state in precedenza stralciate ma alcuni di loro dovranno rispondere dello stesso reato davanti al tribunale di Teramo in quanto commesso nel territorio abruzzese. La vicenda ebbe inizio nel 2007 quando i carabinieri del Nucleo Investigativo iniziarono ad indagare su un vasto giro di eroina che veniva spacciata sui mercati clandestini di Ascoli, Ancarano, Pescara, Folignano, Offida, Giulianova, Martinsicuro, San Benedetto del Tronto, Grottammare, addirittura Genova e Montecatini Terme. I carabinieri avviarono quindi una serie di intercettazioni telefoniche. Vennero messi sotto controllo i telefoni cellulari di una trentina di persone ritenute coinvolte nel vasto traffico di sostanze stupefacente. Una volta raccolte le prove dello spaccio illegale di eroina, cocaina e metadone scattò l'operazione Lucifero che portò in carcere ventisei persone, la maggior parte dei quali era ascolana.

Le indagini dei militari dell'Arma proseguirono per identificare il principale canale degli approvvigionamenti ma nessuno degli arrestati, nonostante l'opportunità di poter alleviare la propria posizione, ritenne di voler collaborare con la giustizia. A distanza di sette anni il nome del capo di questa organizzazione così ramificata non è stato ancora scoperto ma non è detto che prima o poi ciò possa accadere.
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