Faceva prostituire la figlia di 14 anni
Condannati la madre e un imprenditore

Faceva prostituire la figlia di 14 anni Condannati la madre e un imprenditore
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Giovedì 17 Luglio 2014, 15:49 - Ultimo aggiornamento: 18 Luglio, 19:19
ASCOLI - ​La Corte d'Appello di Ancona ha confermato la condanna a sei anni di carcere che il Gup aveva emesso il 7 febbraio scorso nei confronti della giovane madre nigeriana accusata di aver fatto prostituire la figlia 14enne con un imprenditore abruzzese residente ad Ascoli. Confermata anche la condanna a quattro anni per l'uomo. I due vennero arrestati il 5 agosto del 2013. La donna, con un regolare permesso di soggiorno in Italia, era accusata di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile, aggravati dal rapporto di parentela. All'anziano era contestato invece il reato di atti sessuali su una minore in concorso con la madre. Un primo episodio sarebbe avvenuto nel luglio 2013, in cambio di 5.000 euro, senza però andare "a buon fine". Il 5 agosto i carabinieri, dopo la denuncia della 14enne, scoprirono gli indagati in flagranza di reato dopo aver pedinato la ragazzina. La minore era stata condotta negli uffici dell'azienda che l'anziano gestisce a Sant'Egidio alla Vibrata (Teramo) dove nel frattempo erano state piazzate delle telecamere nascoste. La nigeriana è stata assolta per fatti simili risalenti al 2009. Una vicenda squallida in cui i ruoli predominanti vengono assunti dalla povertà e dall'ignoranza. La donna di origine nigeriana da quando è giunta in Italia ha dovuto sempre lottare per sbarcare il lunario dedicandosi a lavori pesanti e mal retribuiti. Poi, la conoscenza di un piccolo imprenditore abruzzese di 72 anni con il quale ha allacciato una torbida amicizia che l'avrebbe portata (questo sempre secondo gli investigatori che hanno indagato sul caso) a spingere la propria figlia, tra l'altro minorenne, a prostituirsi per denaro che poi finiva nelle sue tasche. L'anziano ha incontrato la presunta vittima la prima volta quando aveva compiuto 14 anni nel luglio scorso. Ovviamente la giovane si sarebbe prestata a concedersi per denaro solo perché costretta dalla madre. Ma poi la ragazza prese la decisione di recarsi in caserma per denunciare i fatti. Ad agosto si registrò il terzo incontro ma questa volta, dopo le rivelazioni ai carabinieri della ragazzina ed una serie di intercettazioni telefoniche, venne interrotto dai carabinieri che fecero irruzione nell'ufficio di Sant'Egidio dell'imprenditore scoprendolo, sempre secondo l'accusa, in flagranza di reato.
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