Badante scomparsa
C'è una prova segreta

Badante scomparsa C'è una prova segreta
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Domenica 30 Novembre 2014, 19:43 - Ultimo aggiornamento: 2 Dicembre, 16:32
ASCOLI - ​C’è una prova cinematica che si effettua per ricostruire la dinamica dell’incidente al momento viene tenuta secretata. E’ questa la novità nell’inchiesta della Procura di Ascoli sul caso della banante scomparsa. E’ dal primo dicembre dello scorso anno, infatti che di Jadwiga Maria Stanczyk, la bandante polacca di 53 anni, non si hanno più notizie.

Si sa solo che mentre stava camminando a piedi lungo il marciapiede del ponte di San Filippo, per raggiungere un’abitazione ubicata nel quartiere di Monticelli per accudire un anziano, è finita nel letto del fiume Tronto, quella mattina in piena a seguito delle persistenti piogge che si erano abbattute per giorni sull’ascolano.

Il suo corpo dovrebbe essere stato trascinato dalla furia delle acque fino alla foce di Martinsicuro per poi finire in mare. Erano le 7 di mattina quando “Maria” stava procedendo a piedi lungo il marciapiedi del ponte di San Filippo. Secondo una prima tesi elaborata dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Ascoli un’auto avrebbe investito “Maria” e poi scaraventata nel letto del fiume Tronto. L’unica traccia in mano agli investigatori era trovare l’automobile investitrice. Un carrozziere segnalò che nella sua officina gli era stata portata una Volkswagen Polo che presentava un’ammaccatura nella parte anteriore sinistra della carrozzeria, la crinatura del parabrezza che doveva essere sostituito, una presunta macchia ematica ed un capello attaccato al parabrezza.

Venne rintracciato il proprietario, il quale ammise che a quell’ora stava percorrendo con la sua auto il ponte di San Filippo per far rientro a casa e che all’improvviso sentì un forte colpo alla carrozzeria sulla parte sinistra. Credette di aver colpito un grosso ramo. Al termine di Via Tevere fece inversione di marcia per ritornare sul posto dove aveva avuto l’impatto per sincerarsi di cosa fosse accaduto.

Ma non notò nulla che potesse far pensare all’investimento di una persona per cui rientrò tranquillo a casa. Gli agenti della polizia scientifica di Ancona effettuarono la campionatura di tutti i reperti i quali vennero successivamente inviati al Ris di Roma, unitamente ad un tampone con la saliva di una delle due figlie della scomparsa, per ricavare il Dna della donna. A tutt’oggi, però, alla squadra mobile ascolana non è pervenuto l’esito ufficiale dell’esame. Secondo l’avvocato Massimino Luzi, legale di fiducia dell’indagato i risultati non avrebbero evidenziato elementi probanti sulle eventuali responsabilità del suo assistito. Di certo si può dire che il capello analizzato potrebbe appartenere a “Maria” come non potrebbe. Riguardo alla prova cinematica che si effettua per ricostruire la dinamica dell’incidente al momento viene tenuta secretata.





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