Badante scomparsa
C'è un giallo sul Dna

Badante scomparsa C'è un giallo sul Dna
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Mercoledì 22 Ottobre 2014, 15:22 - Ultimo aggiornamento: 23 Ottobre, 19:58
ASCOLI - Si infittisce ulteriormente il mistero sulla scomparsa di Jadwiga Maria Stanczyk, la badante polacca che il 2 dicembre dello scorso anno sarebbe stata investita e scaraventata sul letto del fiume Tronto da un’auto. Gli investigatori, dopo aver rintracciato la presunta auto investitrice presso un’autocarrozzeria, avevano rilevato, appiccicati sul vetro anteriore della Polo, due capelli ed una traccia ematica. Reperti che sono stati inviati al gabinetto dei Ris di Roma affinchè venisse rilevato il Dna in modo da avere la certezza che appartenga alla badante. Precedentemente alla figlia della donna era stata prelevata su un tampone la saliva in modo da poter eseguire una comparazione con il Dna della madre. Ebbene l’altro ieri alla Squadra Mobile della Questura di Ascoli sono giunti i risultati completi e definitivi dell’esame. Sono stati eseguiti 2 prelievi del Dna ed analizzate 11 tracce biologiche. Le due formazioni pilifere sono risultate generiche per cui non è stato possibile rilevare il Dna. Per quanto riguarda le 11 tracce, alcune delle quali di sangue, nessuna di esse può ritenersi riconducibile al profilo genetico della badante polacca. A questo punto il caso, dopo la scomparsa di “Maria”, si arricchisce ulteriormente di un alone di mistero. Erano le 6 di domenica 2 dicembre 2013. Jadwiga Maria Stanczyk, badante polacca di 53 anni, stava percorrendo a piedi il marciapiede del ponte di San Filippo diretta a Monticelli. Avrebbe dovuto prendere servizio come badante e collaboratrice domestica presso l’abitazione di un anziano. All’improvviso, secondo la ricostruzione degli investigatori, sarebbe sopraggiunta una Polo, alla guida della quale si trovava un ascolano di 58 anni, che avrebbe investito la donna scaraventandola sul letto del fiume Tronto quel giorno in piena. La versione del cinquantottenne fu che aveva avvertito l’impatto con qualcosa ma credette trattarsi di un ramo di un albero. Per giorni e giorni vennero battute dai volontari le sponde del fiume e scandagliato con un canotto il corso utilizzando anche un cane molecolare specializzato nel fiutare la presenza in acqua di una persona. Le ipotesi avanzate furono due: che il corpo di Maria fosse rimasto imprigionato fra i detriti trasportati dalla piena sott’acqua oppure che fosse finito in mare. Al riguardo vennero allertate le capitaneria di portoda Venezia fino a Bari. Le ricerche però non dettero esito alcuno. Si dette credito all’ipotesi che l’acqua gelata del fiume non permetteva al cane molecolare di fiutare la presenza del cadavere per cui tutto fu rimandato a primavera quando le acque sono più calde ed avrebbero dovuto eventualmente liberare il corpo. Ipotesi rivelatasi poi incosistente.



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