Incassi vicini all’era Green pass: il cinema ora impari la lezione

Incassi vicini all’era Green pass: il cinema ora impari la lezione

di Giovanni Guidi Buffarini
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Venerdì 17 Maggio 2024, 04:35

Mesi e mesi, diciamo pure un anno, di dati incoraggianti accolti con toni trionfalistici, e ora il brusco risveglio. Aprile nei cinema è stato un mezzo disastro, e si può pure togliere il mezzo: un disastro, punto. Incassi più bassi (e non di molto) solo nel 2022, quando però alcuni non potevano entrare in sala perché sprovvisti di Orrido Green Pass, altri evitavano di andare perché infastiditi dalla mascherina obbligatoria, altri infine perché non avevano ancora superato il trauma della pandemia. Il calo si giustifica con la modestia dell'offerta. L’anno scorso uscì “Super Mario Bros.”, quest’anno il titolo di punta era “Ghostbusters Ancora Loro - Dopo 40 anni, anche basta”.

E fortuna che hanno tenuto bene le uscite marzoline: “Un mondo a parte” e “Kung Fu Panda Spompo - E mo’ basta pure lui, vi prego”. Un anno di incassi in recupero, ma quasi sempre inferiori al pre-Covid, un brusco stop ed ecco che al trionfalismo subentra lo sconforto. E il trionfalismo e lo sconforto sono atteggiamenti da evitare come la peste: ben di rado motivati e mai produttivi. Servono piuttosto, nei momenti buoni e nei cattivi, analisi lucide da cui partire per elaborare strategie efficaci. Nella analisi fatta, durante il Bellaria Film Festival, da Paolo Del Brocco - amministratore delegato di Rai Cinema, mica uno qualunque - trovo quasi nulla di condivisibile. Parto dal quasi. Dice Del Brocco che in Italia si producono troppi film, cosa che modestamente il sottoscritto afferma da prima del Covid, quando i titoli prodotti erano meno di oggi, molti di meno, ma comunque esorbitanti rispetto alla capacità di assorbimento del mercato.

Afferma poi il Del Brocco che i modesti quando non pessimi risultati di tanti film italiani al botteghino dipendono dalla loro natura autoriale, opere dunque non indirizzate al grande pubblico. Da cui l'invito, rivolto ai giovani cineasti, a «non escludere la possibilità di cimentarsi anche su storie scritte da altri, su un cinema di genere o su un cinema di narrazione».

Mi dispiace, ma questa analisi, come la giri non sta in piedi. Punto primo. Il Del Brocco - ripeto, amministratore delegato di RaiCinema, dunque capo della principale casa di produzione italiana - sembra rappresentare un mondo in cui un autore esordiente può obbligare qualcuno a finanziargli il filmettino che s’è scritto.

Non funziona così. È il produttore il capo. È lui che decide quali film realizzare e quali no. E spetta a lui seguirne la lavorazione passo dopo passo. Se il risultato - artistico, commerciale o entrambi - non lo soddisfa, non può chiamarsi fuori. (Kevin Feige, boss della Marvel, commentado i flop, strameritati, degli ultimi cinenomics: «Ho imparato la lezione. D’ora in avanti, ne faremo di meno e meglio curati»).

Punto secondo. Un produttore, oltre a vagliare le proposte che riceve, può avanzare lui delle richieste. Radunare squadre di sceneggiatori e: «Voi scrivetemi un thriller, voi un horror, voi una storia che abbia per protagonisti degli adolescenti». Quindi individuare i registi giusti per i vari copioni. Ha ragione Del Brocco: in Italia si fanno troppi film d'autore (e talvolta sono autori sedicenti, velleitari) e pochi film di genere, così lasciando pressoché sguarnite intere fette di mercato. Però. Però la qualità di quasi tutti i film diciamo commerciali che si producono qui varia dal mediocre al veramente brutto.

Perché? Perché la fantasia degli artisti è tenuta al guinzaglio. Che l’horror o il thriller non siano troppo disturbanti, che la commedia e il dramma dallo spunto originale e magari urticante rientrino subito nei ranghi d'una confortevole (?) medietà, e che i film per i ragazzi abbiano la morale edificante squadernata e ribadita a stufo. Il punto è che a voler far film per tutti ma proprio tutti, è un attimo a ritrovarsi fra le mani dei film per nessuno ma proprio nessuno. Punto terzo. Un film, una volta che è stato realizzato, dovresti cercare di venderlo. Pubblicizzarlo, come ogni e qualsiasi merce. La maggior parte dei film italiani arrivano nelle sale da clandestini. Paolo Del Brocco, sia chiaro, è un bravo produttore. A Bellaria forse gli girava storto, chissà. Certo da lui aspettiamo altre parole, più centrate, più utili.

* Opinionista e critico cinematografico

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